Al cinema sbarca Diabolik, adattamento cinematografico diretto dai fratelli Manetti del personaggio creato dalle sorelle Giussani, che riesce nel suo intento di porsi come un tributo fedele al fumetto a spese però di alcune scelte stilistiche poco azzeccate.
Che il nostro Paese abbia dato vita a molti personaggi disegnati amati e famosi è cosa risaputa, ma pochi hanno avuto lo stesso impatto di Diabolik. Il nero per eccellenza del fumetto italiano si è infatti ritagliato un posto d’onore nell’immaginario collettivo, conquistando diverse generazioni di lettori grazie ai suoi gadget, le sue maschere e i suoi piani elaborati. Proprio in questi giorni arriva nelle sale il film a lui dedicato diretto dai registi Marco e Antonio Manetti e, data la mia passione per il personaggio, non potevo farmi sfuggire l’occasione di recensire quello che, apparentemente, sembra essere il tributo al re del terrore più fedele mai realizzato su pellicola.
Fedeltà innanzitutto
La storia è un rifacimento de “L’arresto di Diabolik”, terzo albo a fumetti della serie originale uscito per la prima volta nel Marzo del 1963. Qui viene narrata la nascita dello storico duo formato dal ladro mascherato e Eva Kant, dove il diamante rosa posseduto dalla ricca ereditiera è sia l’obiettivo di Diabolik che il motore scatenante della vicenda. Da qui in poi gli eventi prendono una piega inaspettata per entrambi i protagonisti: i due sono travolti da una passione incontenibile, che tra varie vicissitudini li renderà complici in un complesso piano di evasione e vendetta.
Partiamo subito col dire che i Manetti hanno fatto della fedeltà al materiale originale il punto cardine di questa pellicola: l’opera ripropone fedelmente le atmosfere e le ambientazioni del fumetto, ricreando l’universo di Diabolik in ogni minimo dettaglio. Dalla cittadina di Clerville ai costumi, passando per i vari accessori, la fotografia e l’immancabile Jaguar E-Type, tutto è stato studiato per aderire perfettamente ai disegni originali e trasportare lo spettatore all’interno del mondo creato dalle Giussani… compresa la scelta dei protagonisti.
I volti di Diabolik
Miriam Leone con la sua Eva ruba letteralmente la scena: l’attrice aderisce sia nelle fattezze che nello spirito al personaggio in maniera perfetta, regalandoci una protagonista magnetica e intensa. Quella che ci troviamo di fronte è una donna dal passato tormentato, che non teme il Male ma che anzi ne resta incantata: Lady Kant non solo è disposta a guardare dentro l’abisso ma anche a tuffarcisi pur di prendere in mano la propria esistenza e affermare se stessa, divenendo vera e propria co-protagonista e mai semplice “spalla”.
Luca Marinelli riesce nel difficile intento di proporre un Diabolik fedele all’originale: lungi dal volersi conformare a qualsiasi tipo di interpretazione post-moderna o edulcorazione, qui Il re del terrore viene ritratto nella sua forma più pura. Estremamente controllato e mai spontaneo, il ladro mascherato è mostrato come un freddo eppure feroce genio del crimine: spietato, calcolatore, pronto a tutto per i suoi scopi criminosi e senza alcuno scrupolo nell’uccidere.
Convince meno, pur rimanendo un’ottima performance, l’ispettore Ginko di Valerio Mastandrea, nemesi storica del protagonista che qui però sembra mancare di quello spirito che caratterizza il personaggio cartaceo. Nei fumetti l’ispettore è un poliziotto duro, tutto d’un pezzo e dalla determinazione granitica, il cui solo scopo è quello di arrestare Diabolik e consegnarlo alla giustizia: tali caratteristiche vengono tutte mostrate nella pellicola, ma in alcune scene lasciano il posto al ritratto di un uomo stanco, fiaccato da questa continua caccia quando in realtà siamo solo alle battute iniziali.
Non proprio all’altezza delle aspettative
Purtroppo non è tutto rose è fiori per il film firmato dalla coppia di registi: fin dall’annuncio era già chiaro che non ci saremmo trovati di fronte ad un cinecomic all’americana in salsa nostrana (e per fortuna, aggiungerei!), ma per chi come il sottoscritto si aspettava un thriller/noir dalle atmosfere nostalgiche e in continuo crescendo l’attesa non è stata pienamente ripagata. Al netto della visione ci sono poca azione, pochi brividi e manca la giusta tensione per buona parte del film, anche a causa di una divisione in tre atti non troppo riuscita.
I tempi della narrazione vogliono ricalcare in tutto e per tutto quelli del fumetto, ma la cosa non si traduce bene dal punto di vista cinematografico: i dialoghi risultano eccessivamente verbosi e teatrali, cosa che salta ancora di più all’occhio quando ci si accorge che in nessuna scena ci sono battute sovrapposte, come se gli attori fossero costretti a parlare tramite invisibili balloon. Sulla carta una simile impostazione ha senso per dare al lettore il tempo di elaborare le informazioni e riflettere, ma sullo schermo perde di significato in quanto rende il tutto inutilmente artificioso.
Altro punto a sfavore sono le interpretazioni del cast secondario: anche volendo essere indulgenti le performance non sono decisamente all’altezza, complici anche i sopracitati problemi con la sceneggiatura. Gli attori nel complesso appaiono rigidi e assolutamente poco credibili, assolvendo quasi più al ruolo di comparse che altro. Si salva solo in parte Serena Rossi con la sua Elizabeth Gay che, tutto sommato, riesce a dare un minimo di presenza alla fidanzata di Diabolik pur dovendo recitare la parte della donna annichilita dall’amore e dal suo ruolo nella società.
In conclusione il Diabolik dei fratelli Manetti non convince appieno: strano ma vero la pellicola pecca di eccessiva fedeltà al fumetto anni ’60, tentando di trasporre in scala 1:1 un linguaggio e dei tempi che col grande schermo hanno poco a che fare. Visivamente parlando il film è davvero stupendo e di una coerenza filologica assoluta, ma manca di quel ritmo e trasporto che ci si aspetterebbero da un noir. Il mio consiglio resta comunque quello di andarlo a vedere: chi ha apprezzato i fumetti originali del re del terrore uscirà dalla sala estasiato dalla cura posta in questa riproposizione, mentre tutti gli altri potranno vedere, senza filtri o modifiche, la storia che ha dato vita ad una leggenda.
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